
Senza la radice la pianta non potrebbe vivere: è il suo cuore.
Si capisce, pertanto, che più è in salute l’apparato radicale più la pianta riceverà dallo stesso le migliori sostanze necessarie per sopravvivere.
Tale apparato è composto dal fittone, ovvero la radice principale da cui si estendono ramificazioni laterali, meno lunghe e robuste, che costituiscono il sistema vascolare della pianta. Le radici sono, infatti, incaricate di assorbire le sostanze nutritive necessarie: la cosiddetta linfa grezza, una soluzione di sali inorganici disciolti in acqua. Tale linfa è destinata al fusto e alle foglie dove avviene la fotosintesi per mezzo della quale la linfa si trasforma in una soluzione ricca di zuccheri e proteine da distribuire a tutte le cellule della pianta.
Le radici, inoltre, accumulano riserve nutrizionali da utilizzare in caso di carenze o di stress idrico. Le radici lasciate marcire sul campo sono un ottimo fertilizzante per la terra in quanto marcendo rilasciano lentamente i nutrienti in essa contenuti.
È grazie alla radice se otteniamo i nutrienti necessari per vivere!
Anna & Bino
Chiaramente la radice svolge anche il ruolo fondamentale di “ancoraggio” al suolo.
Uno sviluppo sano e vigoroso del sistema radicale è fondamentale per l’ottenimento di piante robuste capaci di produrre raccolti abbondanti e di qualità.
Ma cosa si può fare con la radice?
Anna
Le radici svolgono ruoli importanti in vari settori, da quello industriale a quello olistico.
In passato, venivano impiegate per accendere il fuoco. Il canapulo impregnato nello zolfo diventava un fiammifero. La letteratura cinese documenta anche il suo uso per la produzione di polvere da sparo.
Ma è soprattutto dietro le proprietà terapeutiche delle radici che si sono rivolti e, nuovamente, si stanno concentrando gli studi.
Ebbene sì, si parla sempre prevalentemente delle infiorescenze per l’aspetto medico, lasciando in secondo piano l’uso della radice che, da millenni, è stata oggetto di largo impiego come terapia personale.
Esistono alcuni studi storici sull’impiego delle radici, ma mancano i necessari approfondimenti e ricerche moderne.
È la letteratura medica cinese, ormai circa 5.000 anni fa, che fece da apripista alla conoscenza dell’uso della radice.
Veniva impiegata nella realizzazione di decotti e preparati per trattare un gran numero di malattie e disturbi (gotta, contro dolore acuto e anche per fermare le emorragie nelle donne dopo il parto).
Intorno al 77-79 d.C., Plinio, uno storico romano, nel suo libro “Storie Naturali”, scrisse di come il succo di radice di canapa fosse un efficace diuretico, utile per trattare le rigidità articolare, le ferite da bruciature e curare le febbri.
Oggigiorno, però gli studi si stanno orientando sui composti chimici presenti nella radice attirando l’interesse della comunità scientifica. Si stanno studiando le proprietà di molti componenti come il friedelin che risulta essere antiossidante e protettore del fegato. Associati poi a effetti antimicrobici, antinfiammatori, analgesici e antiossidanti, vi sono altri composti: chetoni triterpeni pentaciclici. È presente anche la colina che può apportare un aumento dei livelli di energia.
Uso fitodepurativo
Per ultimi, ma non di certo meno importanti, lasciano le proprie radici anche recenti progetti per uso fitodepurativo.
La pianta di canapa riesce, infatti, a combattere l’inquinamento dei terreni e, proprio, la radice svolge un ruolo fondamentale.
Scarti provenienti dalle fabbriche, come anche gas di scarico inquinanti delle nostre auto vanno a finire anche nei terreni su cui coltiviamo producendo alimenti destinati al nostro consumo. Immaginiamo quanto inquinamento ingeriamo attraverso il cibo, l’acqua, l’aria.
Recenti progetti si stanno concentrando sulla coltivazione di canapa proprio in prossimità di industrie (vedi l’Ilva di Taranto per la diossina, nella Terra dei Fuochi in Campania, in Sardegna, Lombardia, Puglia e Veneto) al fine di bonificare i terreni limitrofi. Ma chiaramente i metalli pesanti possono entrare nei rifornimenti idrici non solo da scarti derivanti da industrie, ma anche la pioggia acida penetra nei terreni e porta tali metalli nei corsi d’acqua, nei laghi, nei fiumi. Esempi di metalli pesanti, solo per citarne alcuni, includono il mercurio, l’arsenico, il cromo, il tallio, il piombo.
Va da sé che utilizzare determinate specie vegetali, quali la canapa con un ciclo di crescita rapido che necessita di poche cure, capaci di assorbire notevoli quantità di metalli dal suolo è una questione su cui è doveroso riflettere e, soprattutto, intervenire. Spesso vengono impiegati mezzi meccanici per estrarre dal terreno le sostanze inquinanti, con un costo non indifferente quando, invece, la soluzione più economica, più sostenibile e più naturale ce l’abbiamo proprio sotto i nostri occhi.
Noi siamo dei bioaccumulatori!
Anna & Bino
La canapa è definita un bioaccumulatore, ovvero una pianta dotata della capacità di assorbire le sostanze inquinanti trattenendole all’interno delle radici, ma anche di foglie e fiori, senza eliminarle.
Una domanda che giustamente viene posta è come smaltire la canapa usata per la bonifica.
Sono state ricercate soluzioni di smaltimento utilizzando sia i semi come materia prima per la produzione di biodiesel che la biomassa per la produzione di energia nelle centrali termoelettriche.